Stai usando il tessuto non tessuto al sole? Ecco la verità scioccante sulla sua protezione

Molte persone utilizzano il tessuto non tessuto per coprire piante e coltivazioni, soprattutto nei mesi più caldi o quando si temono sbalzi termici. Tuttavia, vi è spesso una percezione distorta sulla reale efficacia di questo materiale quando esposto alla luce solare diretta, e sulle conseguenze sul benessere delle colture o degli oggetti che intende proteggere.

Che cos’è realmente il tessuto non tessuto?

Il tessuto non tessuto (TNT) è un materiale laminare ottenuto aggregando fibre mediante processi meccanici, termici o chimici, senza l’uso del classico intreccio tipico dei tessuti convenzionali. Molto diffuso in campo agricolo, orticolo e anche in ambito industriale, il TNT si distingue per alcune proprietà come la leggerezza, la traspirabilità e la facilità di posa. Queste caratteristiche lo rendono apparentemente ideale per celle esigenze di protezione temporanea. L’uso più tipico in campo agricolo è come copertura attiva contro gelate leggere, vento, pioggia battente, e in parte anche come barriera ai raggi diretti del sole.

Tuttavia, il concetto di “protezione” racchiude molteplici sfumature e spesso si rischia di confondere le sue effettive capacità, specie per quanto riguarda la protezione solare.

Protezione dal sole: luci e ombre del tessuto non tessuto

Una delle convinzioni più diffuse è che il tessuto non tessuto possa offrire una barriera efficace contro i raggi solari, proteggendo radicalmente dal calore eccessivo e dai raggi ultravioletti (UV). In realtà, la situazione è più complessa. Il TNT nasce essenzialmente per garantire una moderata ombreggiatura, senza privare le piante della luce necessaria per la fotosintesi. Materiali come il poliestere, che compongono alcuni TNT, sono in effetti capaci di assorbire una certa quantità di radiazione UV, specialmente nella banda UV-B, ma la loro efficacia nel bloccare i raggi solari non è assoluta e può diminuire drasticamente nella banda UV-A e nel visibile[UV].
Questo significa che il TNT non agisce come una schermatura solare totale, ma si comporta più come un filtro parziale, attenuando leggermente l’intensità luminosa e termica per non stressare troppo le colture. Secondo vari esperti, se da una parte il tessuto può aiutare a ridurre l’evaporazione dell’acqua dal suolo e quindi contribuire a mantenere l’umidità, dall’altra può comportare una riduzione non trascurabile della quantità di luce disponibile, rischiando di rallentare la crescita delle piante, e nei casi peggiori, di causare fenomeni di marcescenza dovuti a ristagni di umidità e limitata traspirazione.

Un altro aspetto spesso trascurato riguarda la porosità del TNT: tessuti più densi possono schermare maggiormente la luce ma al prezzo di limitare circolazione d’aria e scambi gassosi necessari al metabolismo vegetale. I materiali con maglia troppo larga, invece, lasciano passare più radiazione solare e più aria, offrendo minor riparo ma miglior comfort fisiologico alle piante.

Effetti a lungo termine: rischi sottostimati

Usare il tessuto non tessuto sotto il sole non è sempre la soluzione ideale. L’accumulo di calore sotto una copertura di TNT può, in certe condizioni, far innalzare rapidamente la temperatura nelle ore di massimo irraggiamento. Questo può risultare dannoso soprattutto per piantine giovani o specie particolarmente sensibili allo stress termico.
Inoltre bisogna considerare che il TNT, rispetto ad altri materiali come vetro o plastiche specifiche da serra, non offre protezione significativa dai raggi UV a spettro completo. Alcuni materiali sintetici come il poliestere offrono un discreto bloccaggio degli UV-B, ma non sono altrettanto efficaci sugli UV-A, i quali possono comunque arrecare danno a strutture vegetali delicate e favorire processi di foto-ossidazione e invecchiamento precoce delle colture[UV].
Un altro rischio talvolta trascurato è quello della proliferazione di muffe e patogeni. Quando il TNT trattiene troppa umidità, soprattutto dopo piogge abbondanti o irrigazioni frequenti, può creare un microclima favorevole allo sviluppo di funghi, minacciando la salute delle piante.

Va sottolineato inoltre che la resistenza meccanica del TNT, se lasciato a contatto diretto e prolungato con la luce solare intensa, può degradarsi più rapidamente a causa della fotodegradazione dei polimeri che lo compongono. Questo implica una durata minore rispetto a coperture più specifiche per uso esterno e una maggiore produzione di residui da smaltire.

Consigli pratici per un utilizzo consapevole

Affinché il TNT possa offrire una protezione efficiente e sicura senza effetti indesiderati, è importante seguire alcuni accorgimenti:

  • Utilizzare il TNT solo nelle ore più calde o in presenza di rischi specifici: ad esempio gelate notturne, grandinate improvvise o durante i trapianti, evitando l’uso continuativo in pieno sole e durante tutto il giorno.
  • Scegliere lo spessore e la porosità in base alle reali esigenze colturali: TNT più leggero per brevi coperture nelle stagioni intermedie, più denso solo se si vuole ridurre drasticamente l’impatto di agenti atmosferici o insetti.
  • Controllare spesso lo stato delle colture e monitorare l’umidità: sollevare periodicamente il telo per arieggiare e prevenire ristagni d’acqua o sintomi di sofferenza delle piante.
  • Evitare di affidarsi soltanto al TNT per la protezione dal sole; valutare soluzioni integrate come teli ombreggianti specifici o il ricorso a sistemi di mulching.

Tra le alternative meritano una menzione le serre e i teli dotati di protezione solare certificata (ad es. quelli con UPF testato), che possono garantire un ambiente più controllato e una maggiore durata nel tempo. Anche le strategie agronomiche di posizionamento intelligente delle colture e la rotazione stagionale possono contribuire a mitigare gli effetti del caldo eccessivo. In alcune realtà, la copertura con TNT viene utilizzata solo per periodi limitati, proprio per evitare che diventi un fattore di rischio più che di protezione .

Tessuto non tessuto: protezione sì, ma con consapevolezza

È essenziale ricordare che il tessuto non tessuto non rappresenta uno scudo impenetrabile contro il sole. La sua funzione va vista piuttosto come quella di una barriera parziale, utile soprattutto per mitigare i danni delle intemperie leggere, per trattenere l’umidità e per evitare shock termici nelle prime fasi vegetative. La protezione dai raggi ultravioletti è solo relativa e non paragonabile a quella offerta da materiali appositamente progettati a questo scopo.
Prima di affidare la salute delle proprie piante a questo materiale, conviene valutare attentamente condizioni ambientali, esigenze delle specie coltivate e disponibilità di alternative più efficaci. Come dimostrano numerosi casi, un uso scorretto o eccessivo può avere l’effetto opposto a quello desiderato, ostacolando la crescita e accrescendo il rischio di patologie.

In sintesi, utilizzare il tessuto non tessuto sotto il sole comporta benefici e rischi: negli impieghi consapevoli garantisce una discreta protezione, ma affidarsi unicamente alle sue capacità schermanti contro i raggi solari è una pericolosa illusione. Valutare la situazione caso per caso, documentarsi sulle proprietà dei materiali e osservare attentamente i segnali delle colture resta la soluzione più efficace per preservarne davvero la salute e la resa.

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